“CASA BARTIMEO: UNO STILE DI VITA”

Inaugurazione del Polo della Carità "Casa Bartimeo"
20-01-2025

Carissimi amici, fratelli e sorelle, grazie per essere qui. Grazie a tutte le autorità civili e militari presenti. Grazie ai presbiteri e ai volontari, ai medici che si impegneranno e alle Fondazioni che ci hanno sostenuto; grazie ai frati di questa comunità e della Provincia Napoletana dei Frati Minori. Grazie agli artisti come Lello Esposito che con la Quadreria Sociale donerà arte e bellezza ai più marginali; e grazie ad Erri che con le sue parole ci ha preso per mano conducendoci per i sentieri della liberazione e del riscatto degli ultimi. Grazie a ciascuno di voi, grazie a chi ha sognato, a chi ha lavorato, a chi ha creduto che un luogo come questo sarebbe stato possibile. Oggi è un giorno di grazia, un giorno in cui i sogni della nostra Chiesa si intrecciano con le lacrime di chi fatica lungo il cammino della vita, correndo il rischio di perdere la speranza. Oggi è un giorno in cui il Vangelo, attraverso il nostro impegno e l’impegno di tutti, si fa carne, si fa casa, si fa abbraccio. E il nome che abbiamo scelto per questa casa, Casa Bartimeo, porta con sé un significato profondo: Bartimeo, quel cieco seduto lungo la strada, è la figura di ogni uomo e donna che grida per essere visto, ascoltato, accolto. È il simbolo di tutti coloro che, ai margini della nostra indifferenza, aspettano che qualcuno si fermi, che qualcuno dica loro: “Coraggio, alzati, vieni dentro, questa è casa tua!”.

Oggi inauguriamo questo segno di solidarietà e fraternità che non è fatto solo di muri, ma di mani intrecciate, di cuori spalancati. Casa Bartimeo sarà un rifugio per chi è fragile, per chi è rimasto indietro, per chi si è perso lungo le vie della vita. Ma non sarà solo questo: sarà una scuola di dignità, un laboratorio di speranza, un’officina di futuro. Qui non ci limiteremo ad assistere, perché l’assistenza è una solidarietà monca, ma cercheremo di accompagnare autonomie, di generare un futuro diverso e possibile. Di generare vita, relazioni, occasioni. Qui vogliamo rimettere al centro gli ultimi, i fragili, quelli che la società scarta. Arricchendo la già preziosissima rete della nostra carità diocesana. Perché, come ci ricorda il Vangelo, è nei piccoli che abita il Regno di Dio.

Permettetemi di dirlo con forza: questa Casa non è un’opera di beneficenza, non è un luogo per “aiutare i poveretti”. No! Questa Casa – e anche questa Chiesa giubilare dove la tradizione vuole che l’apostolo Pietro abbia celebrato l’Eucarestia nel suo viaggio verso Roma, è una cattedrale della carità, un tempio vivo dove l’amore si fa servizio e la prossimità diventa preghiera concreta. È un luogo dove non si celebra un Dio lontano, ma un Dio che si fa prossimo, un Dio che ci insegna a chinare il capo non per piegarci, ma per sollevare chi è caduto.

E c’è un motivo, sapete, se questa inaugurazione avviene proprio all’inizio del Giubileo. Ho voluto che fosse così perché volevo lanciare un messaggio chiaro, un messaggio che parlasse a tutti. Sapete, qui all’ingresso di questa Chiesa, esiste da secoli una porta santa, una porta che per due secoli, fino al 1700, si è aperta nei tempi giubilari. Quella porta non si apre da tempo, è murata e neanche oggi si aprirà. Si, oggi non si aprirà perché ci ricorda una verità più profonda: che c’è una porta santa più importante che dobbiamo varcare tutti, nessuno escluso, la porta dell’amore, la porta della carità, la porta della prossimità.

Vedete, amici miei, il Giubileo non è un evento da celebrare, ma un cammino da vivere. E la porta santa da attraversare non è fatta di legno o di pietra, ma di mani tese e di cuori spalancati. Quella porta è qui, oggi, davanti a noi. In questa Cattedrale della Carità. È la porta che ci chiede di uscire dalle nostre sicurezze per andare incontro a chi ha bisogno. È la porta che ci invita a sporcarci le mani, a compromettere la nostra vita con quella degli altri, soprattutto con quella dei più fragili.

E permettetemi di concludere con un invito, un invito che faccio a me per primo e a tutti voi: non lasciamo che Casa Bartimeo sia solo un simbolo, non lasciamo che resti solo un luogo. Facciamola diventare uno stile di vita. Perché il vero miracolo non è costruire una casa per i fragili, ma costruire un cuore capace di accogliere tutti, sfidando la comodità e l’indifferenza. Il vero segno del Giubileo non è attraversare una porta, ma diventare noi stessi porte aperte, porte che non si chiudono mai davanti al grido di chi cerca amore.

Oggi, con questa inaugurazione, accendiamo una luce. Una luce che vogliamo tenere viva con il calore dell’amore, con il fuoco della solidarietà. E mentre varchiamo insieme questa porta dell’amore, ricordiamoci che il Regno di Dio comincia proprio da qui, da chi è piccolo, da chi è fragile, da chi ha bisogno.

E allora, coraggio, amici miei: alzatevi, come Bartimeo. Entriamo insieme in questa casa che è di tutti e per tutti. Perché il Vangelo non è fatto solo per essere predicato, ma per essere vissuto. Anzi, come ci insegna Francesco il Poverello, per essere annunciato con una vita resa santa dall’amore.

Che Casa Bartimeo da oggi possa scrivere per la nostra Chiesa, con l’inchiostro della solidarietà, pagine di Vangelo e che possano annunciare, con le parole dell’amore vissuto, la bellezza di un Dio che ha a cuore il bene di ogni suo figlio e di ogni sua figlia, nessuno escluso!

Grazie a tutti e che Dio ci benedica!

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