“Culto e devozione di San Gennaro a Napoli e nel mondo”

Intervento dell'Arcivescovo all' evento per la candidatura del Culto e della Devozione come Patrimonio Immateriale dell'Unesco
26-11-2022

“Oggi, nel celebrare la figura del Vescovo e Martire Gennaro, la risonanza culturale e popolare della sua devozione a Napoli e nel mondo, la millenaria vicenda di Napoli, dell’intero popolo campano e della comunità ecclesiale scorre davanti ai nostri occhi e ai nostri cuori. I napoletani, i campani, credenti e non credenti riconoscono nella figura di San Gennaro la cifra dell’identità partenopea, il codice genetico di un intero popolo, il simbolo di una terra bellissima, la Campania Felix! Ed è per questo che sono grato per la presenza di tutti voi, amici ed amiche, convenuti per riflettere sull’importanza di questa figura che oserei definire al contempo “sacra e profana”.

Napoli, si sa, è una città di cuore. Da sempre. “Civitas misericordiae et pietatis” fu definita già nel Medio Evo dal suo vescovo sant’Atanasio. È stata una capitale dai sentimenti forti e irrinunciabili, una popolazione “sanguigna” negli affetti e negli impegni sociali. Basti ricordare una serie di ospedali creati e sostenuti con risorse private, dagli Incurabili al San Gennaro, dai Pellegrini al Gesù e Maria. Senza trascurare le tante istituzioni benefiche che nacquero proprio nei secoli più bui della sua storia come il Pio Monte della Misericordia, le innumerevoli Arciconfraternite, la Casa del1’Annunziata, dove tramite una ruota venivano affidati all’amorevolezza di volontari i bambini senza famiglia, chiamati teneramente “figli della Madonna”. Teresa Ravaschieri, a fine Ottocento, descrisse in quattro volumi la storia di Napoli come “Storia della carità”. Un riconoscimento di eccezionale valore umano.

Ma da chi Napoli ha imparato il valore dell’altruismo, il fascino della solidarietà? Le matrici possono essere diverse e complesse. E come non pensare che il popolo napoletano si sia ispirato alla figura e alla vicenda del suo Santo Patrono? Non è questo il modello intorno al quale Napoli ha costruito la sua identità, la sua storia, la sua peculiarità? Perché non immaginare che – ascoltando ripetutamente il racconto del martirio, affrontato da San Gennaro per compiere un gesto di solidarietà umana a dei confratelli cristiani, incarcerati a Pozzuoli – il popolo abbia compreso che 1’amore è più forte della morte, come insegnava già il Cantico dei Cantici?

La carità di Napoli, la sua storia di accoglienza e ospitalità, la forza della sua solidarietà e resilienza si sono intrecciati nei secoli con il suo amore per il martire. E nel simbolo del sangue i napoletani hanno visto il proprio sangue, quello versato con i tanti sforzi quotidiani per una vita dignitosa, quello speso nella lotta per una società più giusta ed equa, il sangue sparso di chi innocente è stato vittima di barbarie e violenza criminale. In quel sangue che torna a fluire Napoli ha sempre visto rispecchiarsi il carattere passionale e caloroso, la forza di resurrezione e rinascita della sua gente, una rinascita di cui oggi c’è bisogno più che mai. Così la città si rispecchia nel suo Martire e la storia della devozione gennariana è intrinsecamente legata alle vicende del popolo napoletano: per questo chi oggi dice Napoli dice San Gennaro e chi dice San Gennaro dice Napoli.

Ma Napoli – oltre che città di cuore – è stata anche culla di libertà.

È stata l’unica città in Italia a liberarsi, da sola, senza l’aiuto di alcun esercito, dall’occupazione nazifascista, due anni prima del 25 aprile e della Liberazione. Dobbiamo essere fieri della nostra storia. Le 4 giornate del settembre 1943 furono un episodio eroico, un coraggioso esempio di amore per le libertà. I Napoletani insorsero contro i Tedeschi e da soli – senza l’aiuto di truppe militari – liberarono la città dall’occupazione nazista.

Anche in questo San Gennaro è stato maestro. Come si narra nella sua vita, quando gli venne imposto con la forza di adorare un altro Dio, egli rifiutò con fermezza quest’assurda pretesa e morì martire, testimone ante litterain della libertà religiosa. Napoli ha capito anche questo aspetto dalla lezione di San Gennaro. Ha difeso la libertà di coscienza, quando ancora non se ne parlava e non se ne aveva consapevolezza. La città si oppose decisamente all’istituzione di un Tribunale dell’Inquisizione spagnola sul proprio territorio, scongiurando così le tentazioni del totalitarismo e della violenza istituzionale, sempre in agguato, che possono sorgere in ogni tradizione, religiosa o atea.

All’ingresso della Certosa di S. Martino a Napoli, è posta una lapide che ricorda questa decisa presa di posizione della città. Essa ammonisce ancora una volta che “il servaggio è male volontario di popolo ed è colpa dei servi più che de’ padroni”.

Ma, attenzione: dire Napoli e dire San Gennaro non significa semplicemente celebrare la storia passata. Certamente una storia di arte e cultura, di fede e devozione, di libertà, resistenza, amore. Occorre non confondere la storia con il passato. La storia è quella che si fa oggi. Quella che stiamo costruendo insieme, ora in questo momento, uno accanto all’altro. La storia è fatta di volti, di nomi, di vicende personali e di tessiture comunitarie, di intrecci di quotidiani, di eroismo e di salti in avanti di intere comunità. Chi dice Napoli dice San Gennaro. Chi dice San Gennaro dice amore, giustizia, coraggio ad oltranza, resistenza al male, creatività della fede e della fiducia, fermezza nel restare fedeli al bene, costanza nel non deporre la speranza, lavorio costante per il bene di tutti, iniziando dai più piccoli e dai più poveri. La “faccia gialla” dorata, celebrata dall’arte e dai detti napoletani, è stata storicamente una faccia normale, di un uomo innamorato di Cristo e del suo Vangelo, di una persona, di un credente, di un vescovo che non ha cercato il proprio interesse personale, che ha messo tutto, perfino se stesso, da parte pur di servire chi era nella difficoltà a causa della prigionia e testimoniare che, in Cristo, l’amore, il bene, l’umanità, la vita hanno sempre l’ultima parola.

Nel raccontare una Napoli incantevole e maledetta, Benedetto Croce – riesumando un’antica espressione forse eccessivamente dura – la definì “paradiso abitato da diavoli”. A ben riflettere la città ha tante valenze magiche, ma ha anche qualcosa di incompiuto, di sospeso. È ricca di un passato glorioso, di una lunga storia di civiltà, ma fatica a camminare con passo deciso verso il proprio riscatto sociale. La severa espressione di Croce suona di monito ancora oggi. Le sue parole sono una dichiarazione d’affetto per la città con l’auspicio che siano sempre meno vere. Che il Vangelo testimoniato dal nostro Patrono fino all’effusione del sangue ci sia di aiuto in questo cammino di riscatto!

Che il vescovo e martire Gennaro non sia celebrato solo dalla cultura e dall’arte ma sia reso ancor di più patrimonio dell’umanità grazie a tutti coloro che guardando alla sua testimonianza si faranno protagonisti di questa storia di riscatto e di resurrezione!

Mentre ringrazio a nome della Chiesa di Napoli, oltre che mio personale, tutti coloro che con generosità hanno lavorato a questo giorno, mentre lodo l’iniziativa di chiedere all’Unesco il riconoscimento di questo mondo costruitosi intorno a San Gennaro come bene immateriale dell’umanità, ricordo a tutti voi amici napoletani e campani, che il vero patrimonio dell’umanità, il vero bene immateriale abitato dall’anima del vescovo Gennaro siete voi. Solo voi, solo noi, possiamo fare la differenza! Donando a questo mondo frammentato e in guerra, globalizzato nell’economia ma individualista nel tornaconto, quel senso di giustizia, di condivisione, di pace che ha mosso il cuore del vescovo Gennaro fino al martirio, oltre il martirio.

Nella sua millenaria storia Napoli si è rivelata città della carità e della libertà, di accoglienza e di pace grazie anche San Gennaro! Salvaguardare questo patrimonio di fede e di civiltà è certamente quanto oggi ci proponiamo di realizzare con la richiesta all’Unesco di riconoscerlo come bene immateriale dell’umanità. Nella certezza, però, che la sua vera salvaguardia non sarà questo riconoscimento ma l’impegno che tutti noi, Chiesa, istituzioni, mondo della cultura e dell’arte, metteremo per far si che i valori che negli anni la devozione al santo vescovo e martire Gennaro ha veicolato, continuino a camminare sulle nostre gambe e ad essere trasmessi ai nostri figli e ai figli dei nostri figli.

E in ultimo amici tutti, ricordiamo anche un’altra cosa: San Gennaro non è proprietà privata di Napoli, non è solo patrimonio di Napoli come Napoli non è solo patrimonio dei napoletani ma è dono e profezia per l’umanità intera. Napoli, la sua Chiesa, la sua gente, i suoi figli sparsi per il mondo siano sempre e di più per questo villaggio globale che è il nostro pianeta, riserva di inestimabile solidarietà, sorgente di amore e di passione per la vita, faro di pace e di giustizia, mano tesa all’accoglienza dell’altro, anelito di bene e di speranza, terra fertile e ospitale per tutti coloro che seminano a piene mani la cultura della vita, la civiltà dell’amore!

Viva Napoli!

Viva San Gennaro!”

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