“GESÙ, PUNTO CARDINALE DELLA STORIA”

Santa Messa di ringraziamento per la creazione a Cardinale
10-12-2024

Sorelle e fratelli, carissimi fratelli Vescovi, fratelli presbiteri, consacrate/i, Delegati delle Chiese Cristiane e di ogni fede presenti nella nostra città, Rappresentanti tutti delle Istituzioni, anzitutto grazie. Grazie per essere qui quest’oggi per celebrare, intorno alla Mensa Eucaristica, la bellezza della comune chiamata al servizio. Vorrei infatti chiarire fin dall’inizio che non siamo qui per festeggiare “il Cardinale e il suo prestigio” perché nella logica del Vangelo è grande solo chi si fa servo (Mt 23,11) e agli occhi di Dio non vi è prestigio alcuno se non quello di chi, qualsiasi sia il suo ruolo nella comunità, il suo lavoro, la sua vocazione, indossa il grembiule per munirsi di un catino e di una brocca d’acqua e lavare i piedi dei fratelli e delle sorelle che la vita gli pone dinanzi. Per questo mi piace pensare a quest’occasione per riflettere e celebrare insieme la bellezza dell’essere servi gli uni degli altri nella sequela di Colui che si è fatto “servo per amore”.

Non credo sia un caso, che questa circostanza avvenga nel tempo di Avvento e sapete, mentre preparavo questa omelia, sono rimasto fortemente colpito dal mandato pastorale che le letture odierne ci donano. Attraverso il profeta Isaia ci viene consegnato un mandato importante: Consolate, Consolate il mio popolo (…) Parlate al cuore di Gerusalemme, gridatele che la sua tribolazione è compiuta” (Is 40,1-2).

Avvertite la forza profetica di queste parole? Il Signore oggi dice a noi, a ciascuno di noi: “Consola, consolate il mio popolo! Parla, parlate al cuore di Napoli, di questo nostro Meridione, al cuore dei popoli oppressi e delle persone ferite dalla vita e dite loro che il tempo della tribolazione è terminato”. E nel dirci tutto questo ci invita a essere strumenti di resurrezione, di riscatto, di rinascita affinché il suo sogno di consolazione e speranza si avveri anche grazie a noi, alla nostra capacità di sognare con Lui, di lasciarci toccare nell’intimo dalla sua voce che è l’antidoto contro qualsiasi tentazione di rassegnazione!

Ma attenzione, la consolazione di cui ci chiede di essere segno non è solo parola: è azione concreta, gesto che accompagna, cuore che si china, braccia che raccolgono, cuore che ama. È solo l’amore infatti che spinge a uscire, a camminare verso chi si è allontanato, a portare sulle spalle chi non ha più forza. Proprio come l’immagine che Gesù ci offre raccontandoci, nel Vangelo, di un pastore che lascia novantanove pecore al sicuro per cercare quella perduta. Non lo fa per calcolo o interesse, ma solo per amore, perché l’amore non si rassegna alla perdita ma sempre cerca di fare in modo che chi si è smarrito sia ritrovato e che chi si è ferito sia curato e restituito alla pienezza della vita e della gioia. Questo è il sogno di Dio per la Chiesa di questo nostro tempo: essere consolazione vivente, Chiesa che non resta ferma, ma si mette in uscita, per cercare, curare, riportare a casa, essere casa, di tutti, senza esclusione. Essere Chiesa in uscita, come spesso ci chiede Papa Francesco, mettersi in cammino, fuggire la sedentarietà, per andare incontro a tutti nella consapevolezza che questo andare sorge dal desiderio di Dio, che è desiderio di un avvento perenne, di una primavera bramosa di raggiungere ogni inverno e che necessita di chi ne trasporti i fiori, i profumi, i colori. Si tratta di preparare la strada al Signore, come ci chiede quest’oggi Isaia, facendo in modo che ogni gesto, ogni servizio, ogni incontro diventi sempre più una via preparata per consentire al seme della Parola di radicarsi nei cuori, fino a fiorire! Non possiamo restare al sicuro tra le novantanove pecore ma dobbiamo vestirci del coraggio di uscire, di portare il peso dell’altro, di andargli incontro, di camminare al suo ritmo, di condurre senza mai forzare. Essere Chiesa in uscita significa infatti cercare chi si perde, camminare con chi è lento, lasciarci ferire dal grido di chi non ha voce, imparare a vedere chi spesso non è veduto. Questo è il solo cammino che prepara davvero la strada primaverile del Dio che viene.

Per camminare, però, occorre una bussola, una bussola che indichi sempre le giuste coordinate, il sentiero da battere, che dia riferimento ai passi affaticati. Quando Papa Francesco – a cui va la mia gratitudine per questa responsabilità che mi spinge ancora di più a convertirmi e a servire il sogno di Dio – ha annunciato la mia nomina a Cardinale, mi è giunto, tra i tanti, un messaggio augurale, che mi ha fatto riflettere proprio su questa parola: “Cardinale, non perché tu sia principe della Chiesa (nulla di più lontano dal tuo modo d’essere, dal tuo sentire), ma perché tu sia bussola, coordinata, riferimento per i più poveri dei poveri”. Così immediatamente ho pensato ai punti cardinali della bussola, a quei riferimenti necessari al cammino. E mi piace quest’oggi condividere questi pensieri e questa riflessione con voi!

La bussola, come è noto, anzitutto indica il nord. Il punto fisso da leggere nel cielo per poi trovare ogni altra coordinata. Per questo mi sono domandato anzitutto qual è il mio, il nostro NORD?! E la risposta non può che essere una: Gesù, il Maestro di Nazareth, il Signore della vita e della storia è il mio, il nostro nord, la stella polare che orienta ogni passo, che salva da ogni smarrimento. In un mondo spesso disorientato, dove le bussole sembrano impazzite, Gesù, il suo Vangelo, è il riferimento saldo capace di guidarci anche tra le notti più buie, donando senso al cammino, trasformando ogni trama di vita, anche quella più dolorosa, in un disegno d’amore. È lui il nostro nord! Non un punto convenzionale e astratto, una formula anonima, ma Lui, una Persona viva, il cui sguardo accarezza l’anima, la cui parola ridesta la vita, la cui presenza rallegra il cuore, nella cui carne Dio non solo si avvicina all’uomo, ma si fa uomo egli stesso, carne della nostra carne, sangue del nostro sangue, amore del nostro amore! Con la sua vita e le sue parole Gesù ci racconta di un Dio che sceglie di vivere tra gli uomini per condividere la loro vita, le loro gioie e sofferenze, e per mostrare che la salvezza non è qualcosa di astratto, ma si realizza nell’amore e spinge a lavorare per il bene concreto dell’essere umano. In Gesù, il volto di Dio non è quello di un giudice distante e impassibile ma quello di un Padre buono che si prende cura dei suoi figli, un Padre che è la sorgente dell’amore, che è voce da ascoltare nel silenzio della preghiera! E le opere di guarigione, di liberazione, di restituzione della dignità, di riscatto e misericordia che Gesù ha compiuto non fanno altro che tratteggiare davanti ai nostri occhi, con i colori della cura e della misericordia, il volto di questo Dio. In questo tempo d’Avvento, riscopriamo questo “nord” che ci indica la strada, dando senso al cammino, e prepariamoci a celebrare il mistero tenero e meraviglioso dell’Incarnazione, dell’umanizzazione di Dio in Gesù, sapendo che il suo Vangelo, come diceva don Tonino Bello, è la “bussola che non conosce deviazioni”.

Ed è proprio seguendo questa bussola che possiamo imparare a riconoscere l’OVEST e ad abitare la nostra terra, questa nostra terra d’Occidente che non solo è lo spazio geografico ma che è anche simbolo di una chiamata urgente per la nostra Chiesa! Il nostro Occidente “avanzato e progredito” rischia infatti di essere sempre più individualista, fomentando l’idolatria dell’io, dimenticando la logica comunitaria ed evangelica del “noi e celando, dietro alla corsa al consumo, l’immensa sete di senso e di significato, che è sete dell’anima, che è sete di Dio! Come Chiesa siamo chiamati a uscire, a irrorare con l’acqua fresca del Vangelo i solchi della siccità che segnano tanti cuori! Dobbiamo alimentare il fuoco del Vangelo che ci pulsa dentro e che ci spinge ad annunciarlo nel tempo e nello spazio in cui Dio ci ha posti, tendendo la mano a chi ha smarrito l’orientamento, a chi si sente alla deriva in un’esistenza confusa, bisognosa di una risposta che fa fatica ad arrivare, risposta che a volte anche noi, pur avendola, non riusciamo a comunicare perché non di rado incapaci di decifrare l’inconsapevole domanda o di rispondervi con un linguaggio comprensibile ma autentico e potente. David Maria Turoldo diceva che l’: «Occidente ha sete di Dio ma non lo sa, ha fame di assoluto, ma non sa dove trovarlo». È questa sete, è questa fame che la nostra Chiesa deve imparare a scorgere, vivendo la strada nella consapevolezza di chi sa che ogni incontro può essere il terreno di un miracolo: infatti proprio nell’Occidente, proprio nell’Ovest, dove il sole cala, il Vangelo può risplendere con una luce nuova: la luce di un Dio che non tramonta mai, che in Gesù si fa vicino, lasciandosi incontrare nei luoghi più impensati.

Fratelli e sorelle, perdonatemi se vi rubo ancora l’attenzione, ma vorrei condurvi anche verso altri due punti cardinali che credo debbano segnare la nostra mappa comunitaria, di discepoli di Uno che non è stato un maestro sedentario ma un uomo sempre in cammino, i cui piedi non hanno mai conosciuto immobilismo o rassegnazione. In Lui, riconosciamo il “sole senza tramonto”, il nostro Oriente, l’EST, a cui tutti guardiamo in attesa dell’alba, della luce che squarcia il buio. Non dobbiamo mai perdere di vista la speranza dell’aurora e in questo senso l’est diventa il segno del Dio che viene, che si rivela nella tenebra come promessa di vita nuova, come promessa di pace, come sole di giustizia. In un mondo dilaniato da guerre e conflitti, questa direzione geografica ci ricorda che siamo tutti chiamati ad affrettare l’aurora della pace, costruendo mattone dopo mattone una società più giusta e riconciliata, coltivando un sogno che non può più aspettare, perché il futuro non si costruisce con il dominio, ma con un’umanità capace di maturare nella fraternità. Il cammino verso quest’alba non è mai concluso e proprio per questo non possiamo attardarci in inutili soste perché, come ha scritto don Tonino, “la pace non è un dato, ma una conquista.

Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno. Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo. E prima che traguardo, è un cammino”.

Sorelle e fratelli miei, non dimentichiamo mai però che la pace è sorella gemella della giustizia e la giustizia ha bisogno del SUD che è più di una direzione geografica, è il luogo simbolico dell’umanità ferita, dove il grido dei poveri e il lamento degli ultimi salgono fino a Dio. È il crocevia di chi è stato dimenticato, oppresso, escluso dalla tavola comune. Vedete, fin da quando il Papa ha annunciato la mia nomina cardinalizia, ho avuto la consapevolezza che questa scelta non riguardava solo la mia persona ma il Sud, il Sud di cui Napoli è espressione, anche grazie ai tanti vincoli di solidarietà e fratellanza che la legano ai tanti sud del mondo. Come Chiesa non possiamo ignorare il Sud, non possiamo voltare lo sguardo altrove, ma dobbiamo incamminarci verso le periferie esistenziali, dove i piccoli e i poveri attendono un Vangelo che non sia solo parola, ma vita che si fa prossimità, giustizia, liberazione. Quest’impegno di liberazione e di giustizia, che va ben oltre l’assistenzialismo, non è un accessorio opzionale al Vangelo ma è scritto a lettere cubitali nel cuore stesso dell’annuncio cristiano. Proprio per questo la Chiesa, non può limitarsi alla carità che consola: deve diventare profezia che scuote, che interroga le coscienze e denuncia le strutture di peccato che generano miseria e violenza. Il Vangelo è la sola arma di cui dispone, ma è un’arma potente, perché non si piega al compromesso e con la forza mite delle Beatitudini, lotta contro ogni oppressione, al fianco dei poveri e degli esclusi, senza mai smettere di credere che la pace e la giustizia siano possibili. E lavorare in questo senso non significa schierarsi politicamente ma semplicemente essere fedeli a Cristo. E quando qualcuno mi accusa di far politica, mi vengono in mente le parole di un Maestro che ho avuto la fortuna di conoscere, dom Hélder Câmara:

Quando do da mangiare ai poveri, mi chiamano santo. Quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, mi chiamano comunista…Ma se davvero crediamo in Cristo, non possiamo accettare un mondo dove ci sono oppressori e oppressi.

Si, non lo possiamo accettare, dobbiamo rigenerare insieme il presente, costruire mattone dopo mattone una società più giusta ed equa, dove nessuno sia lasciato indietro. E questo è possibile farlo solo partendo dal Sud. Camminiamo insieme. Tutti. Senza distinzione di fede, di idea politica, di appartenenza sociale. Camminiamo insieme: Chiesa, uomini e donne della società “responsabile”, quella che non si volta dall’altra parte, istituzioni locali, regionali, nazionali. Camminiamo insieme. Partendo dal nostro Sud. Che non è zavorra o peso morto ma luogo della gestazione di una rinascita per l’intero paese, per l’intero mondo. Non lasciamoci prendere dai luoghi comuni. Rovesciamoli insieme. Un giorno l’apostolo Natanaele chiese se da Nazareth, periferia delle periferie, potesse mai venire qualcosa di buono. E alla fine si arrese dinanzi ad un Nazareno che gli rivoluzionò la vita donando salvezza e speranza non solo a lui ma al mondo intero. Questa lezione evangelica, utile a tutti, ci ricorda che quando qualcuno si chiede se dal Sud, dalle periferie del mondo può venire qualcosa di buono, ognuno di noi è chiamato a rispondere: Si! La salvezza! E questa risposta non è senza conseguenza perché implica l’impegno di tutti nel darle vita, nel realizzarla!

Fratelli e sorelle, percorriamo i sentieri del Sud senza paura, con gli occhi sempre fissi su Gesù, nostro amico, fratello, Signore, la meta che dà senso a ogni passo, la direzione che illumina ogni notte e che indica il cammino anche quando l’orizzonte è incerto e la visione quando la nebbia è fitta. Chiediamogli oggi, insieme, gli uni per gli altri, il dono dello Spirito, vento di pace che spinge le nostre vele, fuoco ardente che scioglie il timore della parola, l’immobilità del gesto e il gelo di ogni cuore:

Spirito del Risorto, donaci la fiducia di abitare questa terra e questo tempo,

questo frammento di storia che il Padre ci ha affidato e nel quale ci ha posti per essere luce, sale, lievito.

Non permettere mai che restiamo alla finestra, chiusi nelle nostre sicurezze,

indifferenti al mondo che ci passa accanto, ma spingici sempre nei crocevia della vita,

con il Vangelo tra le mani, pronti a dissetare chi, anche senza saperlo,

cerca una Buona Notizia capace di rinfrescare il cuore.

Fa che la Tua Chiesa possa essere pane per chi ha fame, luce per chi cerca,

presenza viva di un Amore che mai si spegne e sempre tutto rinnova.

E nel fragore dei conflitti che scuotono la terra, Tu, Spirito di Pace,

guidaci per il sentiero della riconciliazione.

Insegnaci a costruire ponti e non muri, a essere artigiani di una pace che non si arrende mai,

e che sa risorgere anche dalle macerie dell’egoismo e della violenza

custodendo il seme della tua Parola che ovunque fa fiorire vita.

Spirito del Risorto, aiutaci a raggiungere ogni angolo della nostra terra e i luoghi del mondo dove i poveri aspettano giustizia, i piccoli invocano liberazione e le lacrime gridano il tuo nome.

E tu, Maria, Madre di chi ha il passo incerto

e Donna dall’orizzonte nitido,

prendi per mano la nostra Chiesa.

Non lasciarci camminare da soli ma resta accanto a noi, come a Cana,

e continua a indicarci nel tuo Figlio il punto cardinale della storia:

il Nord che ci consente di riconoscere e percorrere ogni direzione,

che ci indica l’urgenza di annunciare il Vangelo al nostro Occidente,

che ci chiede di liberare ogni Sud del mondo con l’arma pacifica della fraternità,

che ci spinge a guardare ad Est, dove spunta il sole della speranza.

Ripetici come allora, con la voce ferma dell’amore: “Fate tutto quello che vi dirà”.

E donaci la grazia di compiere fino in fondo ciò che ci chiede

fino al giorno in cui la giara della storia

sarà piena e traboccante di gioia, di grazia, di festa.

Come lo sei tu. Amen.

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