“LE MIE PECORE ASCOLTANO LA MIA VOCE”

Santa Messa Ordinazioni sacerdotali
11-05-2025

“Carissimi fratelli e sorelle,
siamo qui, questa sera, convocati dal Buon Pastore, non per un rito da adempiere, ma per una storia
d’amore da accogliere. È la storia che il Signore continua a intessere con noi, con la nostra Chiesa, con
Giuseppe, Antonio, Claudio e Antonio. Si, il Signore ancora chiama, ancora unge, ancora invia,
invitandoci a essere Chiesa che evangelizza, Chiesa missionaria, costruttrice di ponti, portatrice di una
pace disarmata e disarmante, come ci ha ricordato il nostro nuovo Papa, Leone, che affidiamo
quest’oggi al Signore, affinché il suo ministero ci confermi tutti nella fede, nell’amore, nella speranza,
nella gioia del Vangelo!

Un Vangelo che è porta spalancata su una Persona che ha cambiato la nostra vita. Non su un’idea
astratta, non su un dovere da compiere, ma su un mistero vivo, quello del Cristo Buon Pastore. Che
vogliamo seguire, diventando pastori come lui, con un cuore come il suo. Ma per essere pastori bisogna
prima sentirsi pecore. Bisogna stare nel gregge, con l’odore della vita addosso, con le mani impolverate
dalla strada. Camminando con tutto il popolo di Dio. Perché solo chi cammina insieme può
riconoscere la voce che guida. E la voce del Vangelo oggi è limpida come acqua di sorgente: “Le mie
pecore ascoltano la mia voce. Io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e nessuno le strapperà                                                                                                               dalla mia mano.” Non è una voce che comanda. È una voce che carezza. Non urla. Non
costringe. Non mette paura. È la voce del Pastore bello. Che chiama per nome. Che non si stanca. Che
non giudica, ma conosce. Che non esige, ma accoglie. È la voce che consola quando la notte si fa lunga.
È la voce che orienta quando non si vede più la strada. È la voce che ci riconsegna a noi stessi, quando
ci siamo persi. È la voce che dice: “Tu sei mio. E io ti custodisco.”

Giuseppe, Antonio, Claudio, Antonio: questa voce ha toccato il fondo del vostro cuore. Lì dove
nessuno mette piede. L’avete ascoltata. L’avete seguita. E oggi vi affidate a essa, non per ottenere un
ruolo di prestigio, ma per indossare il grembiule dell’amore. Non state rispondendo infatti a un’idea,
ma state andando ancor più incontro a una voce di cui vi siete innamorati. A quella voce che vi ha
cercati tra le spine, vi ha trovati nelle crepe, vi ha aspettati anche quando non tornavate. È da quella
voce che nasce il vostro ministero. E sarà quella stessa voce, tenera e forte, a guidarvi nei giorni della
luce e in quelli della fatica. Ascoltatela. Sempre. Anche quando sarà flebile a causa dei rumori del
mondo. Anche quando sembrerà lontana. Perché è lì, in quella voce, che passa il Regno.

Fratelli e sorelle tutti, oggi più che mai siamo chiamati ad ascoltarla, quella voce. Sì, proprio quella: la
voce del Pastore che ci chiama per nome, che non si impone ma invita, che non ordina ma ama. Oggi
più che mai dobbiamo aiutarci gli uni gli altri a non diventare sordi. Perché il tempo che viviamo è
complesso. Non ci basta più l’abitudine. Non ci salva più la tradizione presa per inerzia. Soffia un vento
nuovo, e spesso inquieto: mutamenti culturali profondi, sfide sociali che ci pungono il cuore, domande
sull’uomo che ci spogliano delle sicurezze. È finita da un pezzo l’epoca in cui bastava nascere per
sentirsi cristiani. Oggi bisogna scegliere. Oggi bisogna aderire. Oggi bisogna credere. Non a parole, ma
con la vita. Con mani che servono. Con piedi che camminano. Con occhi che vedono oltre l’apparenza.

E proprio in questo tempo fragile e bellissimo, voi, carissimi figli miei, siete chiamati a essere presbiteri.
Non servitori di una macchina ecclesiastica. Non amministratori del sacro come fosse burocrazia del
cielo. Ma uomini abitati da una presenza. Testimoni di un Dio che si è fatto carne e ha pianto con noi.
Siete chiamati a ricordare a tutti che il centro della storia non è il potere. Non è il denaro. Non è la
paura. È Cristo. Sempre Lui. Solo Lui. Il Crocifisso Risorto. Che non domina ma si dona. Che non
impone ma attrae. Che non divide ma unisce. E che continua a passare, in punta di piedi, sulle strade
dell’uomo.

Vi prego, fate largo al Vangelo nelle vostre giornate. Lasciate che la vostra voce sappia di cielo, ma con
l’odore della terra. E camminate, senza paura, davanti e in mezzo al popolo. Si, come pastori, ma con
il cuore di Cristo.
Abbiamo bisogno di voi, abbiamo bisogno di preti che siano “vestiti di Vangelo e di sandali”. Preti che
sappiano camminare leggeri, senza zavorre, liberi da ogni potere mondano, ma capaci di far brillare la
bellezza del Vangelo. Preti che annuncino con chiarezza e con attrattiva la Parola che salva. Non parole
vuote, non discorsi costruiti, ma parole vere, generate nella preghiera e nell’ascolto della vita. Preti che
abbiano il coraggio di osare la fede, di vivere la radicalità evangelica senza compromessi né ambiguità.
Perché è questa la sete dei giovani, anche dei più lontani: una fede che si vede, una vita che parla, una
testimonianza che affascina.

Abbiamo bisogno di voi, abbiamo bisogno di preti che siano maestri di interiorità. Uomini che sappiano
coltivare la vita spirituale insegnando coloro che gli sono affidati a fare lo stesso. Uomini che aiutino
altri uomini e donne a scoprire che la sequela non è adesione a una dottrina fredda, ma un incontro
che trasforma, un gesto di libertà e di pienezza. Uomini che scommettono tutto su Cristo, sulla sua
Parola, sul suo amore che cambia la vita. Che riempie la vita.

Abbiamo bisogno di voi, abbiamo bisogno di preti che comprendano la bellezza della convivialità delle
differenze. Che non abbiano paura della pluralità del mondo, né delle diversità dentro la Chiesa. Che
non si chiudano nelle cerchie dei piccoli gruppi, dei propri orticelli, ma che si aprano al confronto
fraterno nell’unico presbiterio, nell’unica nostra Chiesa partenopea. E sarà importante che tra voi, come
presbiteri, vi riconosciate prima di tutto fratelli, raccontandovi le vite delle vostre comunità,
sostenendovi vicendevolmente nel cammino, esercitandovi nell’arte della misericordia, fuggendo il
pettegolezzo e il giudizio facile.

Abbiamo bisogno di voi, abbiamo bisogno di preti che siano per questa nostra terra ferita profeti di
pace e di giustizia. Che non si pieghino mai davanti ai compromessi e che si inchinino solo davanti ai
poveri. Che pronuncino parole che scuotono e accarezzano, che denunciano e consolano. Preti che
abbiano come unico trono la Croce, come unica forza lo Spirito, come unico orizzonte il Regno.
E infine, abbiamo bisogno di preti che aiutino tutta la nostra Chiesa napoletana ad avere la libertà del
futuro. Uomini che non idolatrano il passato ma lo onorano; che non fuggono nel futuro ma lo
preparano; che non si chiudono per paura ma si aprono per fiducia. Preti fragili, deboli, umani, ma
pieni di Spirito. Preti che credono che la Chiesa del domani nascerà dal Vangelo vissuto oggi.
Giuseppe, Antonio, Claudio, Antonio, oggi, con il vostro “sì”, vi consegnate a un sogno più grande
di voi. E nella preghiera della Chiesa che vi circonda e vi sostiene, risuona una Parola antica e sempre
nuova, che cambia ogni storia: “Non temere… ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni.”

Da oggi sarete consacrati non per costruire muri, ma per aprire sentieri. Non per esercitare un potere, ma per
piegarvi nel servizio. Non per allontanarvi dal mondo, ma per immergervi nella sua polvere, nel suo
dolore, nella sua sete. Sarete uomini della Parola, perché è da lì che nasce tutto. E sarete uomini
dell’Eucaristia, perché è lì che tutto si compie.

Ogni giorno, nell’ascolto della Scrittura e nella celebrazione del Pane spezzato,                                                                                                                                                                          troverete la forza di ricominciare, di comprendere, di amare. Il popolo non vi chiederà miracoli, ma verità.

Non vi domanderà risposte pronte, ma cuori aperti. Vi sarà chiesto di camminare.                                                                                                                                                                                        Di camminare con. Con chi è smarrito, con chi ha perso il senso, con chi cerca la pace
e non la trova. Sarete chiamati a stare. A stare accanto. A stare dentro. A stare con. Come fratelli nella
fede, compagni di umanità. Il vostro sarà un ministero della prossimità: una presenza che non giudica,
ma accompagna. Che non impone, ma suggerisce. Che non si mette davanti, ma accanto. Che non
occupa spazi, ma apre orizzonti. Che non ha fretta, ma sa aspettare i tempi di Dio nei cuori degli uomini
e delle donne del nostro tempo.

Non vi sarà chiesto di essere perfetti, ma fedeli. Non di brillare, ma di resistere nell’amore. Non di
avere sempre le parole giuste, ma di restare lì, anche quando la notte sembra lunga e il silenzio pesante.
Siate uomini segnati dalla fragilità, sì, come tutti. Ma fragilità attraversata dalla grazia. Siate uomini che
ogni giorno si lasciano plasmare dall’Eucaristia, e che dalla Parola traggono il respiro. Perché la vostra
forza non starà nelle strategie, ma nella fiducia. Non nel fare, ma nel lasciarvi fare da Dio. E allora,
anche nella fatica, anche nell’incomprensione, sarete luce.

Luce che orienta. Luce che non giudica, ma scalda. Luce che sa dire con la vita: “Cristo è qui. È per te.
Ed è Pane”. “Nessuno vi strapperà dalla mia mano” dice il Signore. Questa è la vostra sicurezza. Non
sarete preti perché bravi, ma perché amati. E l’amore non lo si merita: lo si accoglie. E si offre. La
vostra vocazione è questa: vivere da amati, per amare. Sapendo che nessuna fatica, nessuna caduta,
nessun errore potrà mai sottrarvi da quella mano. Siate preti disarmati. Siate uomini pacificati. Siate
artigiani di pace nei luoghi in cui la guerra ha preso il volto dell’indifferenza, del sospetto, dell’orgoglio.
Siate uomini che credono ancora nel bene possibile, capaci di vedere un germoglio anche nel deserto,
uomini che non hanno paura di piangere con chi piange, di gioire con chi gioisce, di portare sulle spalle
chi non ce la fa più.

E lasciate che vi accompagni Maria, nostra Madre. Lei che ha saputo custodire la voce del Buon
Pastore, anche quando tutto taceva. Lei che ha creduto, anche quando tutto sembrava finito. Lei che è
rimasta, anche quando tutti fuggivano. Lei che è donna dell’alba pasquale, promessa del Regno, madre
dalle mani che custodiscono. Affidatele le vostre mani, perché come le sue siano mani che benedicono,
che accarezzano, che asciugano lacrime. Affidatele i vostri cuori, perché restino semplici, trasparenti,
liberi, come il suo.

Sarà Lei, soprattutto nei momenti difficili, quando il rumore della stanchezza, e dello scoraggiamento
sembrerà sopraffare la voce del Buon Pastore, ad aiutarvi a ritrovarla, ad ascoltarla nuovamente dirvi:
ti conosco, ti ho scelto, ti custodisco. E in quel momento sentirete che la vostra pace e la vostra gioia
non vengono da ciò che fate, ma da Colui che vi ha chiamati amici. E capirete che essere preti non è
possedere un potere, seppur sacro, ma essere posseduti da un Amore più grande, da un Amore fedele,
da un Amore eterno.

Amen”

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